domenica 28 giugno 2015

Il primo uomo col pene trapiantato diventa padre

Diventerà papà il primo uomo al mondo ad aver subito un trapianto di pene. Il ragazzo, 21 anni, aveva subito il trapianto lo scorso 11 dicembre nell'ospedale dell'Universita' di Stellenbosch, in Sudafrica

misurare pene ape (2)

Diventerà papà il primo uomo al mondo ad aver subito un trapianto di pene. Il ragazzo, 21 anni, aveva subito il trapianto lo scorso 11 dicembre nell'ospedale dell'Universita' di Stellenbosch, in Sudafrica. Ora gli stessi medici hanno annunciato il lieto evento. La fidanzata del paziente e' incinta, dopo aver iniziato ad avere nuovamente rapporti sessuali dopo sole 5 settimane dallo straordinario intervento.

"Il nostro obiettivo era quello di rendere il nuovo organo pienamente funzionale entro due anni e siamo molto sorpresi del suo recupero rapido", hanno ammesso i medici. "Il paziente ora ha erezioni di buona qualita', eiacula e fa sesso di frequente con la sua compagna", ha riferito Frank Graewe, responsabile di chirurgia plastica all'Universita' Stellenbosch. L'intervento e' stato eseguito dopo che il paziente aveva subito l'amputazione del suo pene a causa di una circoncisione mal riuscita. L'operazione e' stata eseguita al Tygerberg Hospital di Citta' del Capo: ci sono volute 9 ore per trapiantare il pene di un donatore deceduto. "Abbiamo dimostrato che si puo' fare, possiamo dare a qualcuno un organo che ha la stessa funzionalita' di quello che aveva precedentemente", ha detto Graewe, facendo un appello ai donatori perche' e' la carenza di organi il vero problema.

venerdì 26 giugno 2015

Napoli, folla tenta di impedire arresto di un boss


Gli abitanti del quartiere Barra, nel capoluogo campano, sono scese in strada per cercare di liberare il capo clan Luigi Cuccaro, accusato, tra l'altro, di omicidio. Saviano: "La battaglia contro la Camorra è ancora lunga"






La folla che scende in strada per impedire alle forze dell'ordine di arrestare un boss. E' quello che è successo a Napoli, nel quartiere Barra, dove i carabinieri sono riusciti ad arrestare Luigi Cuccaro, boss dell'omonimo gruppo, nonostante gli abitanti del quartiere cercassero di proteggerlo. Un episodio che ha fatto commentare a Roberto Saviano, in visita a Casal di Principe, che "è la a dimostrazione che la battaglia per sconfiggere la camorra è ancora lunga e non dobbiamo essere ingenui nel credere che abbiamo già vinto". 

Cuccaro si nascondeva nel territorio su cui aveva controllo più stretto, come tutti i capo clan ricercati, Era destinatario di tre misure cautelari per omicidio, associazione a delinquere di stampo mafioso e associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga e contrabbando. Il capo della cosca intendeva passare la festa di San Luigi in famiglia, e perciò ha compiuto un passo falso che ne ha permesso la cattura a casa di un parente, dove era stato ricavato un covo nell'intercapedine tra due pareti. Appena è stato preso la gente si è radunata in strada, circondando le auto dei militari dell'Arma e tentando persino di strappare il boss dalle mani di chi lo stava arrestando. 

Il clan Cuccaro è radicato a Barra dagli anni '80  e di recente la sua espansione nel vicino quartiere di Ponticelli sta generando tensioni con D'Amico e i De Micco, documentate anche da una inchiesta che a marzo scorso ha portato a circa 60 arresti, nella quale sono stati ripresi da telecamere i blitz di scooter con persone armate che sparano tra la gente anche in pieno giorno nel rione Conocal, piazza di spaccio contesa tra clan.

lunedì 22 giugno 2015

Lifting del seno: come prima, più su di prima




In Usa supera gli interventi con le protesi. Per le quali nasce il registro internazionale, un database per la sicurezza delle donne. Anche in Italia piace la mastopessi: risolleva il décolleté e restituisce volume al seno con una cicatrice (quasi) invisibile

Lifting del seno: come prima, più su di prima

In 10 anni, negli States gli interventi di mastopessi (lifting del seno) sono aumentati del 70%. Il dato non è completamente sovrapponibile con quello italiano, ma anche da noi l’intervento attrae sempre più.

Intanto da aprile c’è Icobra: International Collaboration of Breast Registry Activities. È nato per costituire, aggiornare e condividere un database in cui ogni dispositivo verrà registrato e classificato, in modo da poter sempre risalire, a distanza di anni e migliaia di chilometri, al chi, al come e al cosa dei dispositivi impiantati. Il progetto coinvolge 13 paesi: Australia, Austria, Canada, Francia, Germania, Israele, Nuova Zelanda, Olanda, Regno Unito, Stati Uniti, Sudafrica, Svezia e Italia. Dove, già nel 2012, era stato istituito un registro delle protesi. “Che, però, non è mai stato attivato, quindi di fatto non esiste”, dice Fabrizio Malan, presidente Sicpre (Società Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica), l’unico ente italiano firmatario di Icobra.

Ma torniamo al lifting per il seno, per il quale una nuova tecnica permette di ottenere cicatrici pressoché invisibili(anche in seni molto ‘caduti’, è questa la novità), in quanto limitate al bordo areolare, dove diventa molto difficile identificarle. Sono tanti i motivi che svuotano il seno a qualsiasi età: a vent’anni quando si dimagrisce in maniera forte per una dieta, tra i 30 e i 40 in seguito a gravidanze e allattamenti, più avanti a causa dell’invecchiamento della pelle che cede alla forza di gravità. Per risollevare i tessuti, l’unica soluzione efficace è la mastopessi. Ne parliamo con il dottor Malan.

Come capire se intervenire o solo tonificare i pettorali? Si è in presenza di ptosi quando l’areola si trova nella parte bassa del seno. Più l’areola è bassa, quindi meno centimetri di tessuto si vedono tra il suo limite inferiore e il solco mammario, più la ptosi è accentuata. Il potenziamento muscolare – continua il chirurgo - non è un’alternativa alla mastopessi. La ptosi della mammella, infatti, è data dallo scivolamento verso il basso della ghiandola mammaria e del grasso che la circonda. I muscoli pettorali non sono coinvolti in questo processo. Lo scivolamento avviene per colpa della forza di gravità, che ovviamente agisce in modo proporzionale a età e peso del seno, senza risparmiare anche altri tessuti, come guance e punta del naso. Anche immaginando di potenziare notevolmente i pettorali, si otterrebbe un maggior volume nella parte alta del torace, senza tuttavia risollevare il polo inferiore, quello che conferisce al seno l’effetto cadente.

Meglio una mastopessi o a una mastoplastica riduttiva? Si ricorre alla prima quando il seno è caduto o svuotato, cioè se il volume si concentra solo nella parte inferiore. Con la mastoplastica riduttiva si riducono i volumi di seni molto grandi. Cosa che non accade necessariamente con la mastopessi, perché anche seni di dimensioni contenute con gli anni tendono a cedere.

La mastoplastica additiva può essere un’alternativa al lifting del seno? Di solito si tratta di due interventi abbinati. Infatti aumentare il volume può riempire il polo superiore, ma comunque non elimina l’inestetismo dato dallo scivolamento dei tessuti. L’intervento di riposizionamento viene abbinato all’inserimento di protesi per una migliore resa estetica, per evitare l’effetto – ugualmente non gradevole – di seni in posizione corretta ma tendenzialmente piatti e schiacciati.


A seconda della situazione di partenza, l’approccio chirurgico può differire. E così il tracciato della cicatrice. Quali i vantaggi della peri-areolare? Cute del seno e areola hanno consistenza e colore differenti, per questo una cicatrice posizionata nell’area di confine risulta maggiormente mimetizzata. Per capire come avviene una mastopessi con tecnica peri-areolare, immaginiamo di disegnare sul seno una figura ellittica, una specie di uovo con la parte più voluminosa in basso. Prima dell’intervento, l’areola si trova nella parte bassa di questa figura, indicante i tessuti eliminati con la mastopessi. Dopo, si troverà nella parte superiore dell’ellissi iniziale. La tecnica promette cicatrici meno visibili o addirittura invisibili. Ma – avverte Malan - bisogna ricordare che la cicatrizzazione è un processo biologico che avviene su base genetica e come tale solo in parte è condizionabile da fattori esterni. I tessuti del seno riaccostati al perimetro dell’areola possono creare piccole pieghe: rischio che un bravo chirurgo può minimizzare, utilizzando particolari fili di sutura e suturando su diversi piani.

Ci sono accortezze per prevenire problemi di cicatrizzazione? È importante che il chirurgo suturi in modo che la ferita non ‘tiri’, ovvero che non ci sia tensione tra i lembi. Il paziente, invece, deve utilizzare appositi cerotti, che contrastano la formazione di cicatrici ipertrofiche (sporgenti e vistose), nonché massaggiare la parte, per rendere morbidi ed elastici i tessuti che si stanno formando. Si riduce così la possibilità che la cicatrice risulti dolente (che fa sempre male) o dolorabile (che a volte fa male).

Dopo un lifting al seno si può allattare? In alcuni casi no, in relazione all’entità della ptosi e quindi all’intervento. La mastopessi danneggia una parte dei dotti galattofori, i piccoli canali che con un tracciato a raggiera convogliano il latte verso il capezzolo. A seconda delle tecniche, l’allattamento può essere più o meno compromesso. Quella peri-areolare, quando viene rimossa solo la parte cutanea, permette di salvaguardare l’integrità della maggior parte della ghiandola.

Qual è la durata del risultato e cosa lo può compromettere? L’intervento è definitivo, tuttavia anche seni reduci da mastopessi sono soggetti alla forza di gravità e alle trasformazioni biologiche legate all’invecchiamento dei tessuti. L’esito dipende da vari fattori, volume del seno, presenza o meno di protesi, qualità della pelle. E può essere inficiato da una cute molto fragile (raramente), gravidanze, aumento o forte diminuzione di peso, che potrebbe far cedere di nuovo i tessuti.

La perdita di sensibilità nei capezzoli è reversibile? È una delle complicanze. In alcuni casi è temporanea, in altri definitiva, a causa della resezione delle terminazioni nervose presenti. Ovviamente un bravo chirurgo metterà in atto tutte le cautele per minimizzare il rischio. In generale, si ha il quadro della situazione definitiva dopo 6 mesi.



lunedì 15 giugno 2015

Sesso, farne di più non rende le coppie più felici

Chi è convinto che avere più rapporti sessuali renda anche più felici si sbaglia di grosso. Anzi, passare troppo tempo in camera da letto potrebbe avere l'effetto contrario. Lo studio


Chi e' convinto che avere piu' rapporti sessuali renda anche piu' felici si sbaglia di grosso.Uno studio della Carnegie Mellon University (Usa), pubblicato sul Journal of Economic Behavior & Organization, ha infatti scoperto che passare troppo tempo in camera da letto potrebbe avere l'effetto contrario di quello che si pensa. Secondo i ricercatori, fare frequentemente sesso spesso puo' compromettere la spontaneita', il romanticismo e il desiderio.


Insomma, quando si tratta di sesso bisogna badare piu' alla qualita' che alla quantita' e il troppo sesso puo' causare l'infelicita' di una coppia. Per arrivare a queste conclusioni i ricercatori hanno coinvolto nello studio 128 coppie sposate di eta' compresa tra i 35 e i 65 anni d'eta'. Ad alcune coppie e' stato chiesto di raddoppiare la frequenza settimanale dei rapporti sessuali e alle altre di continuare la solita "routine" sessuale. Tramite un questionario, le coppie hanno riferito che il fare piu' sesso non le ha rese piu' felici, in parte perche' la maggior frequenza dei rapporti ha portato a un calo del desiderio e del piacere sessuale.
Non solo. Le coppie che hanno aumentato la frequenza dei rapporti sessuali hanno segnalato una lieve riduzione della felicita'. Il calo del desiderio e del piacere, secondo i ricercatori, e' risultato legato piu' alla richiesta di aumentare l'attivita' sessuale. "Invece di concentrarsi sull'aumento della frequenza sessuale - hanno spiegato i ricercatori - le coppie dovrebbero lavorare sulla creazione di un ambiente che accendi il loro desiderio e renda il sesso ancora piu' divertente".

lunedì 8 giugno 2015

Tintarella globale: riti e tabù al sole

Prima amato poi temuto. Ora è tempo di trovare una relazione perfetta, con regole sagge e buone creme. Lo rivela una ricerca internazionale.


Benvenuto sole! «È il miglior antidepressivo naturale e alleato per sintetizzare la vitamina D, amica delle ossa, ma da affrontare sempre con la protezione, meglio se alta: in estate e in inverno, al mare e in città», consiglia il dottor Corrado Ferraris, anestesista e medico estetico dell'ospedale San Pietro Fatebenefratelli a Roma.

Buone abitudini pro-tintarella che stiamo imparando. Come racconta il rapporto La Roche Posay sugli atteggiamenti nei confronti del sole, sulla consapevolezza dei rischi associati all'esposizione e sull'utilizzo delle creme solari.

LA RICERCA INTERNAZIONALE SU RITI E TABÙ AL SOLE
Secondo il sondaggio La Roche Posay realizzato da Ipsos in 23 Paesi del mondo (dal Brasile alla Norvegia, dal Messico agli Stati Uniti), che ha coinvolto 19.569 donne e uomini dai 15 ai 65 anni, crescono le buone abitudini (usiamo più creme, cappelli e occhiali), ma è necessario aumentare la consapevolezza dei rischi associati all'esposizione ai raggi solari.
Campioni della protezione sono i greci, seguiti da cileni e australiani, maglia nera invece per la Russia dove solo il 19 per cento applica la crema.
Per fortuna l'87 per cento dei genitori con figli in età inferiore ai 12 anni protegge i figli con le creme durante l'esposizione, con differenze minime tra i vari continenti.
In generale le donne proteggono il viso più degli uomini (69 contro 45 per cento) e pure il corpo: lo fa un uomo su due e oltre due donne su tre.
Le attitudini cambiano anche con l'età: usano più creme per il corpo le 35-44enni, mentre le 20-24enni si preoccupano più del viso.
Tra i 15 e i 19 anni, invece, nessuno pensa di mettersi all'ombra (molto ricercata dopo i 55).

E gli italiani? Sono ancora fan dell'abbronzatura: otto su dieci la considerano sexy , però il 75% si 'increma' regolarmente il corpo (contro il 59% della media globale) e il 69 per cento scherma il viso (contro il 57 per cento del campione), ma usiamo meno il cappello e le magliette a maniche lunghe.
Infine, solo il 51 per cento degli italiani è consapevole del legame tra lo sviluppo di tumori della pelle e le scottature durante l'infanzia o l'adolescenza, ma: «Il 75% dell'irraggiamento solare dannoso viene assorbito sotto i 12 anni e fino a quell'età l'attenzione deve essere assoluta: mai diretto, mai nelle ore di punta senza protezione», ammonisce Norma Cameli, responsabile del Centro di Dermatologia estetica dell'ospedale san Gallicano di Roma.

COME SI SCEGLIE E SI APPLICA LA CREMA
1. Verifica che il prodotto solare sia 'broad spectrum', ovvero che protegga dai raggi Uvb e Uva. «La sigla Spf indica i filtri che proteggono dai raggi Uvb (penetrano solo fino all'epidermide) responsabili della pigmentazione duratura, ma anche di eritemi, scottature, disidratazione, ipertricosi (eccesso di peli) e ipercheratosi (ispessimento e indurimento della pelle). Un cerchio con la sigla Uva, indica invece la protezione dai raggi Uva (penetrano fino al derma) che danno una pigmentazione diretta in poche ore ma di breve durata (2/3 giorni) e sono la causa di invecchiamanto precoce (collagenosi, elastosi, melanosi) e cancro della pelle per i fenotipi a rischio», afferma la dottoressa Raffaella Gregoris, farmacista con specializzazione in chimica cosmetica e founder di Bakel 100% principi attivi.
2. Un solare completo deve contenere filtri fisici, chimici e attivi antiossidanti perché «Il danno da sole è un danno ossidativo», sostiene Gregoris.
3. La protezione indicata si raggiunge solo applicando due milligrammi di prodotto per centimetro quadrato, ovvero circa 30 milligrammi. Per regolarti sulla dose, puoi usare come misurino un contenitore vuoto di crema per il contorno occhi da 15 milligrammi.
4. Distribuisci la crema in modo uniforme e non dimenticare piedi, retro ginocchia, ascelle, mani e orecchie.
5. Applica un intensificatore della produzione di melanina prima di stendere il solare protettivo: favorisce l'autoprotezione della pelle e protegge dai danni ossidativi.

mercoledì 3 giugno 2015

Bere poca acqua può causare cistite nelle donne



La cistite è l'infiammazione della vescica causata da infezione urinaria


donne cistite

MILANO – Nelle donne il rischio rispetto agli uomini di andare incontro
 alla cistite è otto volte maggiore. Ogni anno circa il 15 % delle donne
 soffre ogni anno di questa patologia. Il termine  indica
 l’infiammazione della vescica, che può essere di due tipi:
 quella di origine batterica, più frequente e quella non batterica.
Una buona idratazione è alla base della sua prevenzione.

Le cause della cistite

L’incidenza aumenta con l’età: è molto bassa nell’età prepuberale,
 mentre con l’inizio dell’attività sessuale e le gravidanze aumenta e,
 continua ad aumentare, dopo la menopausa. Inoltre le reinfezioni
 sono più frequenti con l’aumentare dell’età della paziente.

La causa dellecistiti ricorrenti va ricercata nel serbatoio batterico
 costituito dalla flora fecale (microrganismi aerobi gram-negativi).
Questi batteri, normalmente presenti nelle feci, in particolari circostanze,
possono provocare un’infezione delle basse vie urinarie determinando
 il quadro cistitico.

L’importanza dell’idratazione

Alla base delle terapie di recupero c’è l’idratazione.
Come spiega Archana Dhawan Bajaj,ginecologo e ostetrico 
alla Nurture Clinic di Nuova Delhi, per aiutare a scovare
 l'infezione e diluire l'urina è importante bere almeno
12 bicchieri di acqua al giorno. Altre misure da prevedere
 sono un’accurata igiene intimaevitare rapporti sessuali non protetti,
 regolarizzare l’alvo, urinare immediatamente dopo un rapporto sessuale,
 svuotare completamente la vescica con la minzione e
 limitare l’assunzione di alcol.
Inoltre, l’assunzione di succo di mirtillo rosso
sembra ridurre l’incidenza di nuovi episodi per
 le sue capacità antibatteriche e depurative