lunedì 26 ottobre 2015

I giovani argentini evitano di sposarsi, ma pagano per partecipare a matrimoni finti

matrimonio

Come in molti altri paesi nel mondo, in Argentina i giovani sono sempre meno attratti dal matrimonio. Però se non amano il matrimonio come vincolo, sembra che gli argentini adorino invece il matrimonio come cerimonia, tanto che sarebbero sempre più diffusi i finti matrimoni, dove la gente può divertirsi a fare da invitato, con tanto di sposi finti.
L’idea è venuta per la prima volta qualche anno fa al pubblicitario ventiseienne Martin Acerbi che, parlando con gli amici, si è reso conto di essere andato molto raramente a matrimoni, visto che pochissimi dei suoi amici si erano sposati. E così hanno organizzato un matrimonio finto.
Con loro stessa grande sorpresa, l’idea ha riscosso grande entusiasmo, al punto che Martin e i suoi amici hanno deciso di aprire un’impresa specializzata proprio nell’organizzare finti matrimoni, che hanno battezzato Falsa Boda. L’agenzia affitta vere location per i matrimoni, usa veri catering e fioristi, ma sposo e sposa sono attori.
Spesso la scena viene un po’ movimentata per amore di spettacolo: ad esempio, ad un recente “matrimonio”, prima che i due “sposi” si promettessero amore eterno, è spuntato fuori un altro uomo che ha dichiarato il suo amore per lo sposo, e a questo punto la sposa è fuggita in lacrime, e la cerimonia è continuata unendo in matrimonio i due uomini.
In Argentina i matrimoni in Chiesa sono crollati del 61% rispetto agli anni ’90: appena 60.000 coppie si sono sposate nel 2011, contro le 155.000 del 1990. Molti preferiscono cerimonie civili o semplice convivenza. Inoltre sembra che in alcune zone si registri una penuria di maschi: a Buenos Aires ci sarebbero solo 86 uomini ogni 100 donne.
I finti matrimoni, d’altra parte, aiutano a fare nuove conoscenze: “È facile conoscere qualcuno a un matrimonio finto”, racconta un partecipante. “Mi sono avvicinato ad una ragazza e mi sono presentato come un cugino dello sposo, e le ragazze subito hanno interpretato in loro ruolo. È come un gioco che unisce tutti”.

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